Scienza interiore
Dal latino scientia, che significa conoscenza, la parola “scienza” indica qualsiasi formulazione esatta e sistematica sulla realtà. La scienza è un parto della filosofia: quell’attività speculativa connaturata nell’essere umano che lo spinge a ricercare la verità, per la quale nutre una tensione erotica che comunica attraverso interrogativi e riflessioni.
Scienza Interiore: Nell'antica Grecia
Nell’antica Grecia, il termine che indicava la scienza era episteme, un sapere valido e sacro che consentiva di acquisire saggezza. Partendo da queste considerazioni, sembrerebbe che la scienza sia nata in Occidente, così come la filosofia. In effetti, c’è chi sostiene che il passaggio da un sapere mitologico (mythos) ad una conoscenza razionale (logos), sia avvenuto con la nascita della filosofia greca. C’è anche chi afferma che la scienza provenga da Oriente, culla di espressione di una pluralità di filosofie nate in un’epoca antecedente alla civiltà greca e latina.
Aldilà del vecchio dibattito “è nato prima l’uovo o la gallina?”, la scienza è caratterizzata universalmente dall’esercizio dell’intelletto per la costruzione di un sapere empirico. Non possiede verità assolute, non spazia nel non reale, ma indaga a partire dall’esperienza diretta un oggetto di studio da incontrare con metodo. Una seconda caratteristica della scienza è la qualità analitica ugualmente diretta ai fenomeni della natura e dell’uomo. La scienza parte dai fatti, osservazioni dirette di fatti oggettivi per pronunciare leggi, asserzioni secondo le quali certi eventi sono regolarmente associati, formulando teorie, spiegazioni di fatti e leggi esistenti che sono lo strumento per mettere alla prova ipotesi, previsioni di nuovi fatti.
A partire dall'Illuminismo e in seguito dal Positivismo, la scienza è divenuta strumento elettivo per la conoscenza della realtà, capace di condurre ad un sapere assoluto, documentabile e verificabile con rigoroso metodo scientifico. Così sono nate le hard sciences, le “scienze dure”: la biologia, la fisica, la chimica. La rinuncia all’assolutezza scientifica è presto avvenuta nel Novecento, quando con la cosiddetta “crisi dei fondamenti” e l’introduzione del paradigma falsificazionista di Karl Popper, la scienza ha ridiscusso i suoi limiti autodefinendosi generatrice di un sapere basato su ipotesi e quindi falsificabile.
La nascita delle soft sciences
La nascita delle soft sciences, le “scienze morbide”, ha aperto una nuova possibilità di ricerca scientifica basata su oggetti di studio non oggettivamente determinati, cioè non direttamente osservabili, non sperimentabili in laboratorio e non dimostrabili attraverso formule matematiche. Le scienze psicologiche, sociali, economiche e politiche applicano un metodo scientifico, cioè possiedono una scientificità epistemologica, ma non ontologica. Richiedono un processo di operazionalizzazione che consenta il passaggio dal concetto alla sua osservazione sperimentale. Ad esempio, non possiamo misurare direttamente la psiche, ma possiamo definirla a partire da un costrutto teorico per osservarla indirettamente nelle sue manifestazioni fisiologiche e comportamentali.
Nonostante la distanza scientifica di queste materie dai fenomeni naturali, è possibile sperimentare ogni giorno l’esistenza di una realtà creata dall’essere umano prodotta dai suoi comportamenti e pensieri (psiche), dalle sue azioni collettive (società), dalla sua disponibilità di risorse (economia) e dalle sue decisioni (politica).
Un passo oltre è stato compiuto in Sur l’histoire des sciences (1969) da Fichant e Pecheux che considerano un’operazione ingenua quella di definire una disciplina scientifica in base al suo oggetto o al suo campo di studio. Scrivono che un settore scientifico «non nasce dalla definizione di un oggetto, né dall’incontro di un oggetto con un metodo, ma dalla costituzione di un insieme di concetti con le loro regole di produzione […] il suo divenire è quindi la formazione dei suoi concetti e delle sue teorie […] anche all’interno dell’unità nominale di una medesima scienza, alcuni concetti ed alcune teorie possono avere evoluzioni differenti, formazioni concettuali differenti non riferibili ad un unico modello». Dunque, l’oggetto di una disciplina non è costituito da un qualche aspetto del mondo fisico-naturale o sociale, ma dall’ottica con cui tale aspetto è ricostruito in forma problematica all’interno di un sistema di concetti e di modelli teorico-empirici.
La Scienza ora
Ora, una scienza che è nata per la costruzione di un sapere empirico, dall’osservazione diretta di fatti oggettivi, è approdata alla possibilità di ricostruire l’oggetto di studio a suo piacimento e quindi di creare un sapere basato su giochi concettuali ipoteticamente perpetuabili all’infinito, senza trovare riscontro con la realtà. Chiaramente si tratta di una possibilità. Ad esempio, si possono realizzare due articoli scientifici che dimostrano due tesi opposte, basta che siano formulate correttamente. In altri termini, la scienza si è allontanata dal metodo empirico: se l’empirismo parte da un dato di fatto per comprendere le leggi, la scienza attuale parte da un’idea, da una visione teorica, e si muove per dimostrarne la realtà nella materia. In pratica si basa su postulati.
Un secondo aspetto è che la scienza, abituata ad una concezione materialistica della realtà, assume di partire dall’osservazione diretta di fatti oggettivi. Secondo la mistica e le recenti scoperte della fisica quantistica, la realtà non si limita alla materia e l’osservatore modifica l’osservato.
Ora, osservare qualcosa e trarne dei risultati sta alla base della ricerca, perciò rifiutare questa possibilità significherebbe rifiutare ogni possibilità di crescita. Una buona scienza è empirica e deve poter dedurre dall’osservazione, con la consapevolezza oggettiva del limite di una visione che lascia sempre spazio a modifiche. La scienza che conosciamo oggi considera oggettivo tutto ciò che può essere osservato nella materia più volte e da più persone, questo definirebbe ciò che è reale. Nel momento in cui la scienza attuale parte da un’idea, la ricerca scientifica avrà come limite la teorizzazione dell’intelletto. Kantianamente, l’intelletto umano non può entrare in contatto con il fatto oggettivo (noumeno), ma solo con le sue manifestazioni fenomeniche (fenomeno).
L'intelletto
Perciò l’intelletto non può raggiungere una visione oggettiva, perché cerca di colmare sé stesso con altro intelletto. Si può affermare che l’essere umano conosca soltanto attraverso la sua sensibilità individuale, un sentire che ha sviluppato lungo il corso di esperienze soggettive in un corpo e in una mente. Da qui l’importanza della dimensione soggettiva come unica possibilità di conoscenza, cioè, legata alla percezione del soggetto e alla centralizzazione del sé. Ma per “soggettivo” s’intende anche tutto ciò che non necessariamente corrisponde alla realtà della vita, proprio perché condizionato e collegato all’esperienza dell’individuo. Si definisce “oggettivo” ogni tipo di percezione che coincide con la natura reale delle cose.
Esistono persone con una visione più oggettiva di altre perché esiste questa possibilità: esercitare l’intelletto alla contemplazione di una visione sempre più oggettiva del reale. Ma se la realtà si colora della somma delle esperienze di chi la osserva, come rendere oggettivo lo sguardo dell’osservatore? Esiste una scienza dell’osservatore?
Definizione di scienza interiore
Si definisce “scienza interiore” una forma di ricerca che indaga la realtà interiore e studia l’essenza delle cose nella sua totalità. Uno studio che ricerca l’essere nella sua percezione della realtà. Gli strumenti della scienza interiore sono intelletto e sensibilità individuale, affinabili attraverso pratiche come lo Yoga e la Meditazione. La componente analitica viene decisamente ridimensionata, perché segue la sperimentazione soggettiva che non separa osservatore da osservato. In conclusione, l’osservatore non viene definito né a partire da costrutti esteriori di hard sciences, come la biologia e le proprietà del corpo umano, né di soft sciences come la personalità, il contesto sociale e le idee politiche. Più l’osservatore prende le distanze dai costrutti esteriori, meglio si presta a diventare oggetto di studio. Forse solo una scienza interiore, empirica, è in grado di far sperimentare all’essere umano la vera libertà nella ricerca.