Giulia Ruffino Psicologia Interiore. immagine di un Murales colorato con rappresentato un mandala rosso e verde per l'articolo Jung e L''oriente

JUNG E L’ORIENTE

“L’intrusione dell’Oriente è un fatto psicologico con una lunga storia dietro. I primi segni possono essere trovati in Meister Eckhart, Leibniz, Hegel, Schopenauer. Non è con l’Oriente attuale che abbiamo a che fare, ma con l’inconscio collettivo che è onnipresente.”
C.G. Jung

Padre della psicologia analitica o “psicologia del profondo”, psichiatra e punto di riferimento per i pensatori dell’epoca, C. G. Jung dedicò grande attenzione allo studio di antropologia, filosofia, e religione attraverso sistematiche indagini empiriche con la creazione di una psicologia complessa, intuitiva e trasversale. Dopo un intenso confronto umano e scientifico con Freud, se ne distaccò nel 1910 in concomitanza con il suo crescente interesse per l’Oriente. In seguito ad uno studio approfondito sull’alchimia, da lui chiamata “yoga occidentale”, nel 1937-38 Jung realizzò il suo primo ed unico e viaggio in India evitando di incontrare i guru indiani tra cui Ramana Maharshi per ragioni che motiverà ampiamente.

L’anno successivo tenne un seminario sugli Yoga sutra di Patanjali dopo aver trattato “La psicologia del Kundalini-yoga” in un incontro omonimo del ’32. Trovò un’analogia tra la libido freudiana e il prana, uno dei respiri della fisiologia indiana. Si occupò di quella che definì “funzione trascendente” come propensione dell’uomo a trascendere la sua condizione in un processo di individuazione di sé. Individuò tre concetti principali in comune con l’Oriente: introversione, immobilità e mandala.

JUNG E L’ORIENTE:L'introversione

L’introversione, intesa come modalità di far conoscenza ed esperienza del mondo, è tipica dell’India. La rivide nella nascita della psicoanalisi e della nozione di inconscio, che con la morte di Dio di Nietzsche e il Faust di Goethe, rappresentarono il contraccolpo al culmine di una modernità razionale che secondo Jung, sostenne e inflazionò la coscienza collettiva. La mentalità estroversa del pensiero scientifico occidentale fece pensare che “tutto ciò che buono è dato dall’esterno”, da lì il boom della fascinazione per l’Oriente di fine Ottocento con la nascita della Società Teosofica della Blavatsky. Secondo Jung, fiero figlio di Kant che affermò di essere un empirico, un fenomenologo che sospende il giudizio di fronte a posizioni metafisiche, la psicologia analitica poteva essere l’equivalente dello Yoga cioè un’autoeducazione all’introversione.

Così la pratica diretta di filosofie orientali poteva diventare una scorciatoia per la mentalità occidentale che, allontanandosi dalle proprie radici ebraico-cristiane, avrebbe perso sé stessa. Ad esempio, Jung parlò di “immaginazione attiva” come strumento terapeutico fornito dall’inconscio che, grazie alla momentanea paralisi della coscienza, può condurre all’emersione libera di contenuti, immagini e ricordi, a sfondo archetipale.

L'immobilità

L’immobilità sostenuta dalle filosofie orientali ad esempio nella meditazione indiana e nella concentrazione zen, è connessa per Jung al concetto di paralisi dell’Io di fronte alle immagini dell’inconscio. Un’immagine è un contenuto immediato proveniente da quella zona intermedia della psiche di cui non si vuole conoscere l’origine. L’immobilità, inoltre, per gli Yoga sutra di Patanjali è Yoga Citta Vritti Nirodah cioè sospensione della produzione illusoria della mente, quella che per Jung fu ricercata nella dissoluzione dell’Io a favore del Sé.

Mandala

Mandala, tradotto come “cerchio” è un sistema operativo e ordinatore di tutte le immagini. Simbolo dell’archetipo del Sé, rappresenta il processo di individuazione che si compie nel progressivo decentramento dell’Io attraverso la circuambulatio, l’andare dalla circonferenza al centro. L’idea di Jung è che lo scopo della vita di un individuo debba essere non di sopprimere o reprimere, ma di arrivare a conoscere l’altro da sé, potendo godere e controllare l’intera gamma delle proprie capacità (in un detto più noto Nosci te ipsum). Il processo di individuazione dell’Io consisterebbe nel dischiudersi al Sé, un compito (dharma) etico per ciascun individuo che rimanendo all’oscuro di sé stesso, sarebbe continuamente portato a proiettare nel mondo i suoi contenuti inconsci senza davvero entrare in rapporto con l’Altro.

JUNG E L’ORIENTE: Conclusione

Il ritiro delle proiezioni viene dal confronto con l’Ombra e può essere definito come “disidentificazione”, termine caro agli amanti di Gurdjeff o pratyhara, per scomodare ancora una volta Patanjali. Attraverso l’integrazione delle quattro funzioni, il processo conduce ad una quinta facoltà che è la funzione trascendente quella che ci permette di guadare il mandala rivolgendo il nostro sguardo a Oriente. Infatti, per Jung, il successo dell’Oriente non è stato solo una moda, ma un bisogno volto a compensare le funzioni della coscienza collettiva che sono quattro anche nella coscienza individuale: pensiero e sensazione, caratteristiche dell’Occidente; intuizione e sentimento, presenti in Oriente.

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